Unterwegs

In cammino

Posts Tagged ‘Anniversari’

Ingeborg Bachmann, [A sera chiedo a mia madre]

Posted by Anna Maria Curci su giugno 25, 2023

[A sera chiedo a mia madre]

A sera chiedo a mia madre,
in segreto, dello scampanio,
com’io debba interpretare il giorno
e preparare la notte.

Nel profondo esigo sempre
di narrare proprio tutto,
di assortire in accordi
ciò che in suoni mi lambisce.

In silenzio, insieme, tendiamo l’orecchio:
mia madre torna a sognarmi
e coglie, come antichi canti,
il modo maggiore e minore della mia natura.

 

Ingeborg Bachmann
(Traduzione di Anna Maria Curci)

 

 [Abends frag ich meine Mutter]

Abends frag ich meine Mutter
heimlich nach dem Glockenläuten,
wie ich mir die Tage deuten
und die Nacht bereiten soll.

Tief im Grund verlang ich immer
alles restlos zu erzählen,
in Akkorden auszuwählen,
was an Klängen mich umspielt.

Leise lauschen wir zusammen:
meine Mutter träumt mich wieder,
und sie trifft, wie alte Lieder,
meines Wesens Dur und Moll.

 

Ingeborg Bachmann
(edizione di riferimento: I.B., Sämtliche Gedichte, Piper Verlag, p. 20)

 

Pubblicata per la prima volta senza titolo nel 1948 sulla rivista “Lynkeus”, appare tra le poesie giovanili (Jugendgedichte) del lascito nel volume I dell’opera completa, apparso postumo nel 1978). Questa mia traduzione inedita appare oggi, 25 giugno 2023, a 97 anni dalla nascita di Ingeborg Bachmann, nata a Klagenfurt il 25 giugno 1926. (Anna Maria Curci)

Posted in Anna Maria Curci, Anniversari, Ingeborg Bachmann, Poesia, Tradurre poesia, Traduzioni | Contrassegnato da tag: , , , , , , , | Leave a Comment »

Peter Szondi, Eden

Posted by Anna Maria Curci su Maggio 27, 2019


Novanta anni fa, il 27 maggio 1929, nasceva a Budapest Peter Szondi. Per ricordarlo propongo un brano tratto dai suoi Celan-Studien, per la precisione dal saggio Eden, intorno alla poesia TU GIACI che Paul Celan scrisse a Berlino nella notte tra il 22 dicembre e il 23 dicembre 1967. Il saggio è apparso nella mia traduzione nel volume curato da Marco Ercolani e pubblicato nel 2018 da Carteggi Letterari, L’archetipo della parola. René Char e Paul Celan. (Anna Maria Curci)

«Una delle prime sere del suo soggiorno berlinese Celan mi chiese un libro, dicendomi che non aveva niente da leggere con sé. Gli diedi il volume, uscito poco tempo prima, Der Mord an Rosa Luxemburg und Karl Liebknecht. Dokumentation eines politischen Verbrechens [1] (L’assassinio di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht. Documentazione di un delitto politico). In uno dei tragitti in auto tra il mio appartamento e l’Accademia delle Arti gli mostrai il residence «Eden», che si trova sul luogo in cui si trovava l’Hotel Eden, che nel gennaio del 1919 fungeva da sede del reparto della Garde-Kavallerie-Schützen-Division, e dove Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht avevano trascorso le ultime ore della loro vita.  L’«Eden» si trova proprio accanto all’«Europa Center», i cui negozi erano decorati per la festività imminente. L’oltraggio alla memoria delle due vittime dell’assassinio, rappresentato dal mantenimento del nome per il residence di lusso, fu argomento della nostra conversazione in automobile. È probabile che questo viaggio in auto sia stato il punto di partenza per la terza strofa:

Giunge la tavola con i doni,
svolta a un Eden –

A Karl Liebknecht e a Rosa Luxemburg, anche se i loro nomi non vengono menzionati, fa riferimento la strofa successiva, nella quale ritornano due frammenti di frasi tratte da verbali del processo riportate nel volume sulla documentazione dell’assassinio. Nella sua deposizione, il testimone Walter Alker dichiarò che alla sua domanda, se Karl Liebknecht fosse veramente morto, gli fu risposto che Liebknecht era bucherellato come un colabrodo[2]. E uno degli assassini, il cacciatore Runge, riferì che di Rosa Luxemburg era stato detto: La vecchia troia già nuota. [3] Nella poesia si leggono i versi:

L’uomo divenne un colabrodo, la donna
dovette nuotare, quella troia,
[…]

Il penultimo verso menziona il Landwehrkanal, nel quale il cadavere di Rosa Luxemburg era stato gettato dai suoi assassini – nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 1967 Celan percorse in automobile lungo il Landwehrkanal il tratto di strada fino all’Anhalter Bahnhof[4] [stazione di Anhalt, v. LA CONTRESCARPE, brano citato in nota, n.d.T],  per la precisione fino alla spettrale facciata che ne era rimasta.

Questo resoconto biografico, al quale possono essere affidate indubbiamente altre poesie di Celan, non intende costituire il fondamento della poesia TU GIACI nel gran tendere l’orecchio… . C’è piuttosto da chiedersi se esso possa essere davvero posto alla base di una siffatta interpretazione. In quale misura la comprensione di una poesia dipende dalla conoscenza del materiale storico-biografico? Ovvero, quesito fondamentale: in quale misura una poesia è determinata da fattori che le sono esterni, e in quale misura questa determinazione esterna può essere compensata dalla logica interna della poesia? È certo che Celan non avrebbe scritto questa poesia o che essa sarebbe diventata un’altra senza la sequenza di esperienze vissute del suo soggiorno berlinese, determinata più dai suoi amici e dal caso che da lui stesso: senza i percorsi che lo portarono all’Havel, al Landwehrkanal, passando per l’«Eden», senza la visita del mercatino di Natale, della stanza dell’esecuzione capitale a Plötzensee, senza la lettura della documentazione su Luxemburg e Liebknecht la poesia non è immaginabile. Solo che Celan ha visto, letto, vissuto molte altre cose in quei giorni, cose che non hanno lasciato tracce nella poesia. In tal modo il condizionamento della poesia da parte delle casualità della vita reale viene limitato, perfino ostacolato dalla scelta che il poeta opera tra esse, scelta che,  non meno di quegli eventi più o meno casuali, è presupposto del componimento poetico o addirittura coincide con la sua genesi. Ci sarebbe da chiedersi se la determinazione esterna, i riferimenti alla realtà, non siano bilanciati da una autodeterminazione: l’interdipendenza dei singoli momenti nella poesia, che non lascia immutati anche quei riferimenti reali.»

[1]  a cura di F. Hannover-Drück e di H. Hannover, Frankfurt a. M. 1967 (= edition suhrkamp 233)
[2] ib. , p. 99
[3] ib., p. 129
[4] Questo tragitto notturno costituisce lo sfondo esperienziale della seconda poesia berlinese: LILA LUFT mit gelben Fensterflecken…  (ARIA LILLÀ con macchie gialle di finestre…. ) In Schneepart, p. 9.

Peter Szondi, Eden. Traduzione di Anna Maria Curci. In: Marco Ercolani (a cura di), L’archetipo della parola, René Char e Paul Celan, edizioni Carteggi Letterari 2018. Il brano riportato è alle pagine 147-149.

Posted in Anna Maria Curci, Anniversari, Paul Celan, Poesia, Saggi, storia, Tradurre poesia, Traduzioni | Contrassegnato da tag: , , , , , , , , , , , , | Leave a Comment »

Del padre

Posted by Anna Maria Curci su aprile 1, 2019

 

Del padre

Mio padre coltivava le tagete
nell’orticello lungo il litorale.
Non la capivo, allora, devozione,
mutevole com’ero e come sono.

Da queste scaturigini negate
riparto, padre, da lotte e silenzi.
Lembo di lutto circonda le spalle.
Compianto, paradosso dello sprone.

Fu quando ritoccasti quella foto
che compresi lo strazio a noi occultato.
Gorgogliava lo squarcio senza fondo
la maculata trasfigurazione.

Sorride quella foto già placata
per il combattimento perso e vinto.
Partivi con la strazio nella carne
e un segreto di trionfo e abbandono.

Che ne sapevi tu, dei Procol Harum,
quando lasciavi andare “Senza luce”
sul piccolo vinile a squarciagola?
Canto da allora e forse tu mi senti.

Non solo i grandi divi, pure gli altri
tutti li conoscevi e disquisivi:
era meglio Glenn Ford o Joseph Cotten?
Li hai poi incontrati ai “cancelli del cielo”?

All’indomani della candelora
c’era la festa del tuo nome, padre.
Con la benedizione della gola
nutrivamo speranza e il suo conforto.

 

Anna Maria Curci
25 agosto 2015 – 3 febbraio 2019

Posted in Anna Maria Curci, Anniversari, Elfsilber, memoria, Poesia | Contrassegnato da tag: , , , , , | 3 Comments »

Claire Beyer, Una poesia

Posted by Anna Maria Curci su luglio 13, 2017

Claire Beyer, foto di Iris Bach

Una poesia di Claire Beyer nella mia traduzione oggi, 13 luglio 2017, nel giorno del suo 70° compleanno.

Una poesia

Una poesia vive di
verità, non di nubi fitte
o raggi di sole
una poesia è l’impronta del piede
nella sabbia, è più che
respiro e
dignità
Una poesia sta appesa in
cortili interni e in segrete di castelli
e sempre è
una ferita del tempo

Claire Beyer
(traduzione di Anna Maria Curci)

Ein Gedicht

Ein Gedicht lebt von
Wahrheit, nicht von Wolkendichte
oder Sonnenstrahlen
ein Gedicht ist der Fußabdruck
im Sand, ist mehr als
Atemzug und
Würde
Ein Gedicht hängt in
Hinterhöfen und Schloßkammern
und immer ist es
eine Wunde der Zeit

Claire Beyer
(da: C.B., Texte, Lyrik und Kurzprosa, Dillmann Verlag 1989)

Posted in Anna Maria Curci, Anniversari, Poesia, Traduzioni | Contrassegnato da tag: , , , , | Leave a Comment »

Per non dimenticare: 70 anni fa la strage di Portella della Ginestra

Posted by Anna Maria Curci su Maggio 1, 2017

Gli italiani devono sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere la vera storia della nostra Repubblica. Le regole della politica italiana di questo mezzo secolo sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage.
Danilo Dolci

«Le elezioni regionali del 1947 segnano una netta vittoria della Sinistra socialcomunista, il “Blocco del Popolo”, sulla DC, sui monarchici e sui separatisti. è un momento particolare della vita politica siciliana. Il movimento di occupazione delle terre, la riforma agraria, le lotte sindacali stanno mettendo in crisi la grande proprietà e il latifondo, ed è proprio nelle campagne dominate dai grandi proprietari agrari e dalla mafia dei latifondi che lo scontro è più duro.
È un periodo di imponenti manifestazioni e a Portella della Ginestra la festa del Primo Maggio è una tradizione interrotta soltanto dal fascismo. è un’ottima occasione per riprenderla, a maggior ragione quel primo maggio del 1947, con quei risultati elettorali.
Nella piana di Portella, alle 9,30 c’è tantissima gente, arrivata lì fin dalle sette del mattino. All’inizio, chi sente le esplosioni, proprio sulle prime parole dell’oratore, pensa a dei mortaretti e applaude. Poi, all’improvviso, Vito Alliota, un sindacalista che sta sul palco, crolla a terra. Ci sono anche alcuni muli che piegano all’improvviso le zampe, un bambino che cade, una donna che si ritrova il vestito sporco di sangue.
Non sono mortaretti, stanno sparando.
Stanno sparando sulla gente. è una strage. Quando cessano gli spari, sul prato di Portella della Ginestra restano dodici morti, tra cui un bambino di dodici e uno di sette anni, e trentatre feriti.
Una strage.
A sparare sono stati Giuliano e la sua banda. Si sono appostati dalla notte prima sul Pelavet, la montagna di fronte alla piana, armati di moschetti modello 91, fucili automatici americani e un fucile mitragliatore Breda col treppiede, armi da guerra, in grado di sparare fino alla piana di Portella. Si sono riuniti con un’altra frazione della banda formata da Salvatore Ferreri, detto Fra’ Diavolo, personaggio importante, ricordiamocelo, e i fratelli Pianello, armati di mitra Beretta calibro 9.
Quattro cacciatori che si sono spinti fino al Pelavet quella mattina vengono sequestrati dai banditi. – Se qualcuno vi dovesse chiedere chi ha sparato a Portella, dite che erano cinquecento, – ordina Giuliano ai cacciatori prima di rilasciarli. C’è un altro testimone, invece, che deve aver visto troppo, e viene buttato in un pozzo.
Visto troppo. Ma cosa? Sì, perché anche nella ricostruzione della strage di Portella della Ginestra ci sono molti punti oscuri. Molte bugie.
Ci sono movimenti strani, prima della strage. Nei tre giorni precedenti, nella masseria Kaggio – di proprietà di un capomafia della zona, Giuseppe Troia – c’è stata una riunione. Di che cosa si è parlato, nella riunione? Di «estagli«, diranno i partecipanti, ma gli estagli, gli accordi fra i padroni e i mezzadri, non si fanno in quella stagione. Di che cosa si è parlato, allora?
Della pianificazione della strage, ipotizza la polizia.»

da: Carlo Lucarelli, Nuovi misteri d’Italia, Einaudi, Torino 2004, pp. 13-14

«Oggi più che mai serve un sereno giudizio politico, la verità su quegli avvenimenti non può essere più solo giudiziaria, va ricostruita una verità politica da ricercare in sede istituzionale. E questo vale per le stragi del ’92 e del ’93 come per Portella. Da quel ’47 la mafia non ha mai smesso di di stare dentro alle cose dell’Italia. È sempre stata presente quando si voleva interrompere una fase di cambiamento, una voglia di democrazia, da allora ha sempre frenato la crescita del Paese.» (Rosi Bindi, intervistata da Attilio Bolzoni per “La Repubblica”, 30 aprile 2017, p. 17)

Posted in Anna Maria Curci, Anniversari, storia | Contrassegnato da tag: , , , , , , , | 1 Comment »